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Molti equivoci e fraintendimenti sono stati creati riguardo al termine “vuoto mentale”, troppo spesso inteso come una forma di privazione, o addirittura come una specie di nichilistica forma di rassegnazione e di rifiuto della propria capacità di pensare e di essere.
Specifico che il concetto di vuoto mentale non è esclusivo del Buddhismo Zen ma si ritrova anche in altre tradizioni spirituali non soltanto orientali.
A mio parere l’unico significato reale è quello che fa riferimento alla capacità di svuotare la nostra mente dai concetti, preconcetti, pensieri, immagini mentali e quant’altro che ingombrano la nostra coscienza di vera e propria spazzatura mentale che, spesso, neanche ci appartiene e proviene dalla coscienza collettiva umana che certamente è inquinata sotto tutti i punti di vista.
Se veramente, allora, vogliamo scoprire il nostro potenziale di intuizioni, di conoscenze empatiche, di creatività, di amorevolezza, di compassione versoi destini del mondo e dell’umanità, dobbiamo svuotare la nostra mente, renderla libera, pura come uno specchio che riflette la realtà per quella che è e che può essere in grado di dare le indicazioni per riedificare una nuova realtà.
La meditazione creativa ci aiuta ad arrivare a questo stato di coscienza per liberarci progressivamente da illusioni, condizionamenti, atteggiamenti erronei ecc.
Fra i programmi di “Adelfia”, l’associazione culturale di cui sono presidente sono previsti, a partire dal prossimo mese di settembre, una serie di corsi sulla meditazione creativa (creativity mindfulness) che propongono tragitti esperienziali per accedere a questa prassi. Immagine tratta da: http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/zen/sutracuore.htm